La Valle dell'Ombrone è la valle costituita dal
fiume Ombrone, che si estende nella
provincia di Grosseto, dopo che il fiume ha attraversato la parte meridionale delle
Colline del Chianti e la zona delle
Crete senesi
lungo il suo tratto iniziale. Comprende anche i dolci rilievi collinari
che si elevano attorno al corso del fiume e ne delimitano lo
spartiacque orografico, tra i quali anche l'area collinare de "I
Triboli" dove sorgono i famosi
cipressi di San Quirico d'Orcia.
L'intera area geografica confina a nord con le
Colline del Chianti, a est con la
Val d'Orcia (ove ingloba la parte terminale del fiume
Orcia) e con il cono vulcanico del
Monte Amiata, a sud-est si inoltra nelle
Colline dell'Albegna e del Fiora, a sud-ovest si apre nella
Maremma grossetana, mentre a ovest il territorio è in continuità con la sponda sud-orientale delle
Colline Metallifere a sud e con le
Crete Senesi a nord.

Ambra, la bellissima ninfa dagli occhi ora verdi ora argentei, danzava in una radura, vestito l'agile corpo flessuoso soltanto di raggi di luna. L'Ombrone che accompagnava il palpito della notte estiva con la dolce melodia delle sue acque, la vide e se ne innamorò perdutamente.Ma la ninfa sdegnosa lo fuggì. Invano il fiume le mormorò parole appassionate, invano tentò di attirarla tra i suoi flutti. Ma Ombrone non si diede per vinto e prese ad inseguirla, ora vezzeggiandola, ora implorandola ed infine minacciandola ben decisa a ghermirla.E corsero e corsero i due, per i dirupi, per le strette forre, per la pianura aperta, fin tanto che le forze di Ambra non cominciarono a scemare. E già Ombrone stava per afferrarla quando la ninfa, sentendosi perduta, invocò l'aiuto di Diana. L'implorazione giunse alla dea che subito bloccò Ambra in una rocciosa isoletta. Diana, specializzata nel sistema di trasformare le ninfe nelle cose più impensate, si vantava di questa sua originalità ed aveva già cambiato in una fontana, nell'isola di Ortigia, la ninfa Aretusa sedotta da Alfeo. La leggenda però narra che Alfeo, figlio di Oceano e di Teti, trasformato a sua volta in fiume, attraversò da Arcadia tutto lo Jonio per raggiungere la sua amata fontana e vi riuscì felicemente in barba a tutti i divieti della dea crudele.Lo sapeva anche Ombrone che Diana non aveva nessuna pietà per i fiumi innamorati delle ninfe, ma conosceva anch'egli la storia dei fluidi amanti di Ortigia e la sua felice soluzione, perciò non disperò, anzi si ostinò a voler vincere con la costanza e la fedeltà, continuando ad amare l'improvvisata isoletta. La circondò della spuma più candida, vi sostò nelle notti di luna per abbracciarla perdutamente e blandirla con nenie sommesse o canti sonori.
Ma la roccia muta e fredda non aveva un fremito e il pianto del fiume si innalzava in canto. Lo udivano i colli boscosi, la pianura sconfinata, le spiagge lunate, le fruscianti pinete; lo udivano i butteri nelle nottate all'addiaccio, i solitari pastori, gli amanti infelici ed erano percorsi da un brivido di commozione.
Intanto il tempo passava e il fiume fedele continuava ad aspettare e a consumare la roccia a furia di baciarla e di lambirla. Forse la ninfa prigioniera lo udiva e fremeva nella dura pietra sognando le corse sulle verdi rive del fiume e le danze al chiaro di luna. E forse, chi sa, come Dafne pentita nell'attimo stesso in cui il padre la trasformava in albero, invocava il dio Apollo al quale aveva voluto sfuggire (" Oh, Apollo Febo, strappami da terra...." ) anch'essa, Ambra, amava ora Ombrone che con tanta costanza e tanta passione la invocava. Ma Diana implacabile non ascoltava.
E ancora Ombrone invoca e aspetta.
L'amore e la forza del fiume certo riusciranno un giorno a consumare l'isoletta ridotta già alle proporzioni di un grosso sasso in mezzo all'acqua che le gorgoglia attorno, ma ormai non sono più questi i tempi da leggende, ed egli, il povero, vecchio Ombrone, dovrà convincersi che era meglio cantare e piangere e spasimare attorno a uno scoglio entro il quale credeva racchiuso il bene agognato, che avere la cruda certezza di avere sognato ed aspettato invano.
- Piangere non è male quando si piange per qualcuno - sussurra al fiume un grande cipresso carico d'anni e di esperienze - male è quando si piange per niente - .